Triora: l’Ora delle Streghe

Triora: l’Ora delle Streghe

Chiudete gli occhi.
Immaginate un piccolo villaggio medievale.
Ora respirate. Sentirete l’odore acre del fumo invadere ogni anfratto, ogni strada, ogni sentiero.
Nella piazza principale del paese il crepitio di fiamme nere si mescola alle grida e ai lamenti di chi sta bruciando –vivo- sul rogo.
Dalle sbarre arrugginite di una prigione di pietra grigia, esili figure di donne e di uomini stremati da indicibili torture e umiliazioni aspettano di essere a loro volta giustiziati.
La morte come liberazione, il fuoco come purificazione da tutto l’immenso dolore provato.
Ora aprite gli occhi.
No, non siamo a Salem. Siamo a Triora.

 

Ancient Witchcraft_Katia Celestini

 

Prima di Salem ci fu Triora

Triora è un piccolo, antico e incantevole borgo incastonato sulle montagne dell’Alta Valle Argentina, in provincia di Imperia (Liguria).
Sorge a 780 metri sul livello del mare ed è circondato da montagne superiori ai 2000 metri che lo riparano da venti eccessivamente freddi, nevicate e inverni rigidi.
Triora è un luogo dove il tempo sembra essersi fermato.
E’ tristemente noto come “la Salem d’Italia” perché qui, fra il 1587 e il 1589 si è svolto il più grande e feroce processo di stregoneria italiano, pari per drammaticità a quelli di Loudun (Francia) e Salem (America).
Che cosa accadde qui? Questa è la storia delle streghe di Triora.

Alla fine dell’estate del 1587 a Triora si respirava aria di Inquisizione. Nel paese da due anni si era abbattuta una pesante carestia, la gente non aveva più cibo con cui sfamarsi e così nel giro di pochi giorni cominciò a circolare la voce che la colpa della carestia e delle pestilenze fosse di alcune donne che abitavano alla periferia del paese, che vennero accusate di essere streghe e di praticare persino il cannibalismo sui bambini.

 

Tria Ora_Katia Celestini
Cominciò così uno dei più tremendi e cruenti processi di stregoneria che l’Italia ricordi.
All’epoca Triora era un borgo fortificato al centro di intensi traffici commerciali tra il Piemonte e la vicinissima Francia. Politicamente dipendeva dalla città di Genova.
Nell’ottobre del 1587, il parlamento locale, composto in gran parte da persone rozze e ignoranti, stanziò una cifra enorme, cinquecento scudi, per istituire un processo di stregoneria. Giunsero così a Triora il vicario dell’Inquisitore di Genova e il vicario dell’Inquisitore di Albenga, Gerolamo del Pozzo: vennero confiscate delle abitazioni private (la più famosa fu chiamata “Casa del Meggio”, oggi rinominata “Ca’ de baggiure”, “Casa delle streghe”) e usate per incarcerare le donne accusate di stregoneria. Furono arrestate subito 20 donne, salite poi a trenta dopo le torture. Si trattava sia di donne del popolo che della nobiltà.
Tra di loro tredici donne, quattro ragazze e un fanciullo, si dichiararono rei confessi, ed è facile intuirne il motivo: mettere fine il prima possibile agli orrori inenarrabili cui erano sottoposti dagli Inquisitori che miravano solo ad una cosa, estorcere una confessione, vera o falsa che fosse poco importava, per mostrare al popolo i capri espiatori che cercava, alimentando e giustificando così l’insensato e sbagliato intreccio fra superstizione e religione.
In pochissimo tempo avvennero le prime morti: Isotta Stella, una sessantenne di nobile famiglia, morì per le torture subite, un’altra invece si gettò dalla finestra e questo gesto disperato ed estremo fu subito spiegato come un atto suggerito dal diavolo:
“…una notte tentata dal diavolo procurò la fuga con guastore una sua veste che aveva indisso et accomodarla a guisa di benda, ma non l’essendo cascò subito che fu fuori dalla finestra.”

 

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Il mistero della scomparsa delle Streghe di Triora

Quello che differenzia il caso di Triora dagli altri processi di stregoneria fu l’evolversi degli eventi.

Gli odi, i tradimenti e le invidie personali si diffusero a tal punto nel paese che si finì col mettere sullo stesso piano nobildonne, donne del popolo e prostitute davanti al tribunale dell’Inquisizione. E così, poiché le accuse di stregoneria si erano allargate a tutto il tessuto sociale, i due Inquisitori non riuscirono a concludere il processo. A questo punto il Governo di Genova chiese spiegazioni a uno dei due Inquisitori, Gerolamo del Pozzo, il quale si giustificò dicendo che era la presenza del Diavolo che ostacolava lo svolgersi del processo. L’8 giugno 1588, Genova mandò a Triora il commissario speciale Giulio Scribani, che prese il posto dei due precedenti Inquisitori che non avevano saputo risolvere il processo. Da questo momento in poi, sarà una escalation di arresti e torture. Lo Scribani mandò nelle carceri di Genova tredici donne che giacevano da mesi nelle prigioni di Triora in attesa di giudizio e continuò ad arrestare, torturare e uccidere altre donne innocenti. In molti cominciarono a dubitare del suo operato, ma di fatto nessuno fece niente e tutti se ne lavarono le mani. Soltanto dopo molti mesi lo Scribani subì una scomunica per il suo feroce e scellerato operato, ma nel frattempo a Triora e nei borghi confinanti erano già avvenute le morti di numerose innocenti. 
Finalmente, il 28 aprile 1589 la Chiesa diede un segnale concreto di speranza: il Cardinale Sauli e il Cardinale di Santa Severina diedero l’ordine di concludere tutti i processi di stregoneria in atto a Triora, ma solo il 28 agosto il Cardinale di Santa Caterina confermò la volontà dell’Inquisizione di chiudere realmente i processi, e così fu posta la parola fine all’intera vicenda.

Quale fu la sorte delle streghe di Triora? Morirono in carcere o vennero liberate? Il loro destino è avvolto nell’oblio, non sappiamo nulla di certo perché mancano i documenti. Alcuni storici ipotizzano che sia le streghe incarcerate a Genova che le streghe incarcerate a Triora vennero liberate, ma sono solo ipotesi, perché tutto è avvolto nel mistero.

 

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Quali furono le vere cause del processo di Triora? Un’oscura trama di rapporti politici, economici e di interessi personali, unita alla superstizione e all’ignoranza verso rimedi antichi della medicina popolare: le donne erano spesso levatrici e curavano la gente con le erbe, di cui conoscevano le proprietà. Per questo non erano viste di buon grado dalla Chiesa e dai medici dell’epoca, inoltre per raccogliere le loro erbe medicinali si recavano spesso nei boschi, in una zona periferica del paese chiamata “Cabotina”: era un quartiere composto da misere abitazioni, con vista sul precipizio sottostante, che si ergeva al di fuori delle mura del villaggio. Qui trovarono rifugio dall’Inquisizione anche alcune delle donne accusate di stregoneria e per questo motivo, questa zona del borgo è ricordata come “il bosco delle streghe”.

“Tria Ora”. Le Tre Bocche di Cerbero e i culti pagani

L’etimologia del nome Triora deriverebbe dal latino “tria ora”, “tre bocche”, immagine che rimanda alle tre bocche di Cerbero, il cane infernale guardiano del mondo ctonio e che è rappresentato anche sullo stemma dello stesso comune di Triora.
Secondo la leggenda, la Chiesa della Collegiata di Triora sorgerebbe su un precedente “fanum” (luogo sacro) pagano e sempre a testimonianza di precedenti culti pagani, al Passo della Mezzaluna (nei pressi di Triora) si ergerebbe un antichissimo “menhir” (megaliti monolitici diffusi in Europa, Africa e Asia e risalenti al Neolitico).
Ma il mistero più interessante si trova nella Chiesa romanica di San Bernardino (risalente al XV secolo): qui è presente un affresco attribuito al pittore Giovanni Canavesio che rappresenta un Giudizio Universale in cui compaiono streghe ed eretici fatti a pezzi, e bambini morti senza ricevere il battesimo, tutti posti sotto le gigantesche ali da pipistrello di un demone.

Questa è la storia di Triora e del suo processo alle streghe che rimase sepolto per secoli prima di essere riportato alla luce dallo storico Michele Rosi nel 1898 e successivamente da Siro Attilio Nulli nel 1939.
Oggi Triora è uno splendido borgo medievale immerso nel verde profondo di grandi montagne, ma tuttora, quando si cammina per gli stretti vicoli di pietra o per il folto bosco ombroso è possibile sentire ancora la presenza di quelle donne, che forse furono davvero streghe o forse no, ma la loro magia l’hanno compiuta comunque: loro sono ancora qui. E lo saranno per sempre.

Katia Celestini

www.alchimilla.it

 

 

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